Nella poesia di Norah Zapata-Prill (Bolivia, Cochabamba, 1946), l’amore passionale appare come una trasmutazione ciclica: dalla brace alla fiamma e da lì alla cenere (dall’incontro alla comunione e da lì all’addio o alla separazione). L’esperienza dell’esilio territoriale è incorporata in questa trasmutazione o viaggio interiore. Ma lungi dal tono lamentoso e nostalgico consueto nei testi sull’esilio, la sua poesia è dominata dalla celebrazione, seppur frenata dalla lucidità e da una certa serenità raggiunta. Per usare un’espressione di René Char, la poesia di Zapata-Prill si nutre di una “cenere sempre incompiuta”.